Oggi facciamo un salto nel passato, raccontandovi in due puntate la storia mai raccontata del Cosenza dei record nel Campionato Primavera 1962-63. Il testo è scritto da un nostro affezionato lettore, Marco Toscano, figlio di uno dei protagonisti di questa storia, che ha svolto un lavoro di ricerca sui quotidiani dell’epoca, mettendo in fila gli avvenimenti dell’epoca.
In questa prima parte un excursus generale su cosa era il calcio all’inizio degli anni Sessanta, mentre nella seconda parte ci sarà il racconto, gara dopo gara, di quella straordinaria avventura
INNO ALLA CANTERA
Quando i talenti rossoblù crescevano tra piazza Cappello e i Rivocati.
Testo di Marco Toscano
Nel gergo sportivo, cantera è un termine mutuato dalla lingua spagnola (in italiano letteralmente “cava”) che indica le scuole giovanili gestite dalle varie società calcistiche. Un termine analogo impiegato in italiano è quello di “vivaio”. Non sono sempre esistite le scuole calcio, così come le intendiamo oggi (e per fortuna…), buffamente denominate “Accademia del Gol”, “Società Primi Calci”, “Associazione Sportiva Calcio Élite”, “Società Super Soccer”, etc…
C’era un tempo nel quale i germogli dei vivai calcistici attecchivano sulla strada. Era tra i cortili condominiali, nelle piazze, negli stretti vicoli dei centri storici, nei campetti sgangherati delle periferie che si formavano i futuri campioni, ragazzi con una sfrenata passione per il “Dio pallone”, giovani certamente acerbi ed ingenui, ma (diamine!) straordinariamente talentuosi.
Era un tempo in cui alle partite giovanili non assistevano decine di osservatori o match analyst che, oggi, per valutare le potenzialità e l’estro dei giovani calciatori si affidano ad “ultraggiornati software” od a “fantomatici” algoritmi fisico-matematici. Non esistevano tantomeno i procuratori (o agenti dei calciatori) intesi come “venditori di talenti o schiappe a tutti i costi”. Era tutto orchestrato dalla passione, dalla voglia di correre fuori di casa e dall’unico obiettivo di mettere la palla dentro la rete. Oggi a Cosenza (così come nel resto delle città) non si gioca più a pallone per strada.
Ma iniziamo a parlare di una storia mai raccontata e, per avere un quadro di informazioni esaustivo, è doveroso fare ai lettori un breve excursus circa il contesto storico-sportivo nel quale ci troviamo e che ci apprestiamo a narrare.
Nei primi anni ’60, ai piedi del colle Pancrazio e sulla riva sinistra del Crati, tra viale del Re (oggi via della Repubblica), piazza Paolo Cappello ed il rione Rivocati si svolge la vita dei “nuovi” cosentini.
È la stagione calcistica 1962/63, l’Associazione Sportiva Cosenza, al secondo anno di serie B (dopo la promozione dalla serie C avvenuta nella stagione 1960/61), sotto la presidenza di Biagio Lecce e guidata da Paolo Todeschini, “allenatore-scultore” di origini milanesi, gioca un campionato di discreto livello (raggiungendo addirittura la testa della classifica insieme al Foggia dopo le prime sei giornate) riuscendo a piazzarsi in 14ª posizione (a 34 punti insieme a Udinese e Alessandria) ed a salvarsi con alcune giornate di anticipo. E’ il Cosenza di Lenzi, di Ippolito e Orlando, di Rumignani e Fontana, di Baston e Dalla Pietra, di Bacci e Marmiroli. Si gioca a via Roma, allo stadio “Città di Cosenza – Emilio Morrone”, in pieno centro città, e quello della serie B é un campionato difficile al quale partecipano “squadroni“ che salgono e scendono continuamente dalla serie A: Padova, Udinese, Lazio, Bari, Brescia, Cagliari. Ma quell’anno non è la prima squadra ad assurgere agli onori della cronaca sportiva bensì la “cantera rossoblù”, la squadra giovanile che partecipa alla prima edizione in assoluto del Campionato Primavera, istituito dalla Lega Nazionale Professionisti proprio quell’anno, al fine di ricostituire il vecchio “campionato ragazzi” in vigore fino alla stagione 1958-1959. Giusto per citarne un pò di storia, questa competizione viene da subito considerata come un campionato giovanile, quindi soggetta ai regolamenti stabiliti dal “Settore Giovanile e Scolastico” destinato a calciatori aventi un ben definito limite di età, e non alla stregua del campionato riserve (allora “Campionato De Martino”) destinato ai giocatori maggiorenni scarsamente impiegati in prima squadra o reduci da infortuni.
E’ obbligatorio per tutte le squadre di Serie A (18) e Serie B (19) e solo il Cagliari (Serie B) viene esentato a disputarlo per motivi logistici. Per questo motivo alla competizione partecipano 37 squadre.
Secondo il regolamento del torneo possono partecipare solo i giovani nati dopo il 1º gennaio 1944 e che abbiano compiuto già 16 anni. Le partite sono di due tempi di 40 minuti e sono ammesse due sostituzioni di cui un portiere e un altro giocatore di qualunque ruolo. Disputati i gironi di qualificazione, la migliore classificata di ogni girone e di ogni serie é ammessa ai gironi della fase finale.
Tornando in riva al Crati ed al Busento, i giovani rossoblù, allenati da Calisto Bacilieri (già calciatore del Cosenza agli inizi degli anni ’50), affrontano un girone tostissimo: il girone E, composto da Napoli (allora in serie A), Palermo (serie A), Catania (serie A), Messina (serie B), Catanzaro (serie B) e, appunto, Cosenza (serie B). Al termine della prima fase del torneo il Cosenza è l’unica squadra imbattuta di tutti i gironi nazionali (Juventus e Inter perdono due gare a testa, persino il Milan di Gino Maldera e Pierino Prati ne perde una). Un record che rimarrà imbattuto per decenni. Riusciranno a ripetere l’impresa (imbattibilità nella fase a gironi) solo il Bologna nella stagione 1997-98 e l’Inter nella stagione 2004-05. (1-continua)