Guardateli bene i due signori che vedete ritratti nella foto a corredo di questo articolo, e trattenete gli improperi perché sarebbe tutto fiato sprecato. Qualsiasi cosa dite a loro scivola via di dosso come se nulla fosse. Loro che sono i proprietari del Cosenza Calcio sono i primi e quasi unici responsabili del fallimento sportivo del calcio cosentino. Sono loro che stanno trascinando il buon nome della nostra città nel fango con le loro non azioni che escono fuori in maniera subdola e mortale come il percolato che si insinua nelle falde acquifere scivolando via da una massa di rifiuti.
Loro che, quando hanno fatto rinascere il Cosenza da un fallimento, unica nota di merito che possiamo ascrivergli, non sapevano neanche dove stesse di casa uno sport come il calcio. Ma quello è stato il prezzo che hanno “dovuto” pagare in cambio del ricco appalto ottenuto e conservato in questi anni sulla raccolta dei rifiuti, proprio perché oramai legato anche alla tenuta della squadra di calcio.
Ora che il loro tempo è finito restano ancorati alla loro infausta stagione fallimentare, trascinandoci tutti nel baratro non solo di una retrocessione annunciata, ma di una serie di brutte figure che si susseguono a getto continuo. Il signor Guarascio ha trasformato il Cosenza Calcio in una scatola cinese della sua holding, dove la trasparenza è diventata sempre più opaca tanto da non dovere spiegare niente a nessuno, dimenticandosi che la squadra più rappresentativa dello sport cittadino, non può essere trattata come una parte della galassia delle proprietà imprenditoriali di famiglia.
Perché il calcio è una delle attività sociali che riguardano un’intera comunità, che sulla propria squadra riversa passione e amore infiniti e da questa vuole essere rappresentata al meglio. E non dimentichiamoci della penosa vicenda della squadra femminile, che ha indignato l’intera nazione pallonara al femminile, quando non ha iscritto la formazione vincente al campionato di competenza e, in linea con il suo comportamento, non ha mai spiegato o comunicato alcunché, lasciando le ragazze in balia di loro stesse.
Il signor Guarascio e la signora Scalise sono i primi a non assumersi la responsabilità di quanto sta accadendo, a partire dal fare comprendere chi sia il fantomatico creditore che ha pignorato i conti del Cosenza calcio per la modica cifra di ben 500.000 €, portando quei mortali 4 punti di penalizzazione che sono frutto non solo di maldestre operazioni contabili, ma anche di bugie prontamente smascherate in sede di Giustizia sportiva. Sono mesi che ci scervelliamo su questa cifra non trovando risposta alcuna ne riusciamo ad individuare alcun soggetto legato all’attività del club bruzio, che possa avanzare un credito così cospicuo.
Un Guarascio che davanti al fallimento tecnico della stagione inspiegabilmente mantiene il tecnico Alvini saldo sulla panchina, pur essendo in confusione da mesi e mesi, contravvenendo anche a quanto fatto negli anni passati.
Un Guarascio che inspiegabilmente che non solo non cede una società decotta e depressa dal punto di vista tecnico, a fronte di ben tre trattative più o meno avviate o fantomatiche, ma che non è stato in grado di fare valere la sua volontà di cessione, se mai c’è stata realmente, nel momento in cui a dicembre, dopo una cena in un noto ristorante romano, in cui erano stati definiti tutti i dettagli dell’affare, la signora Scalise si è opposta con veemenza alla conclusione della trattativa.
Si proprio quella signora Scalise che alle sue prime apparizioni in tribuna al San Vito, chiedeva quale fosse la maglia che indossassero i calciatori del Cosenza e che oggi parla di salvaguardare il brand ma per farlo non vuole pagare steward e fornitori, grandi o piccoli che siano. Gravissimo poi, sempre a tutela del fantomatico “brand Cosenza”, che nella giornata di ieri 111° anniversario del calcio cosentino, non sia stato trovato, o meglio, non si è voluto trovare il tempo per fare un comunicato celebrativo e neanche un misero post sui canali social di una società sempre più lontana dai suoi tifosi.
Sono loro i prima a non volersi assumere le proprie responsabilità, tanto da prendere in giro in ben due occasioni il Sindaco di Cosenza.
Il tecnico Massimiliano Alvini è da mesi in totale confusione. Anche ieri dopo una prestazione opaca della squadra che lui guida, si è appigliato agli episodi che, per carità, sono innegabili, ma che non possono giustificare che una squadra che assoluto bisogno di fare punti, giochi con il piglio giusto solo per i primi quindici minuti.
Certo non è colpa sua se Artistico non riesce a metterla alle spalle di Audero neanche nella più facile, la prima, delle tre occasioni che gli sono capitate sui piedi. Non è colpa sua se D’Orazio non è capace di leggere un blando traversone che attraversa l’area di rigore facendosi sorprendere alle spalle dall’avversario che invece legge molto bene la situazione, consentendo al Palermo di segnare al primo tiro. La brutta prestazione di ieri del capitano rossoblù, è perfettamente in linea con la sua ospitata negli studi televisivi di TEN, dove era apparso dimesso e incapace di suscitare nella tifoseria quell’entusiasmo per cui era stato mandato in tv.
Tornando ad Alvini, viene da chiedersi perché non si faccia da parte visto che i numeri parlano da soli: nelle ultime 13 giornate ha raccolto solo 1 vittoria e 2 miseri pareggi. Certo è impensabile che un professionista si dimetta anche a fronte dell’impossibilità di svolgere al meglio il suo lavoro, ma forse un po’ di amor proprio potrebbe spingerlo a questo passo. Anche perché ieri in sala stampa dopo due sole domande, di cui una rivoltagli da un collega siciliano, ha trovato la tanto vituperata classe giornalistica cosentina, per nulla disposta a sentirsi ripetere l’ennesimo disco rotto che porta avanti da settimane. Il non volergli porre ulteriori domande è un palese atto di sfiducia, peccato non serva a molto.
Anche il DS Delvecchio dovrebbe assumersi le sue responsabilità perché il fallimento tecnico di questa stagione è frutto delle sue scelte oltre che del budget risicato messogli a disposizione. Il suo difendere a spada tratta sino ad oggi Alvini, pesa come un macigno, e la vicenda Lucarelli non pone di certo bene a suo favore.
Infine dovrebbero assumersi le proprie responsabilità anche i fantomatici gruppi che hanno avviato le trattative di acquisizione del Cosenza calcio. Davanti a quello che succede sarebbe ora di uscire allo scoperto e dimostrare alla città se le loro intenzioni sono reali, tanto il cosiddetto “patto di riservatezza” è diventato la classica foglia di fico che ben poco può nascondere. Per questi signori il rischio che le cordate di imprenditori si trasformino in cordate di sazizze, è dietro l’angolo.
A noi come sempre non resta che continuare ad osservare quello che succede intorno a questo Cosenza calcio, con la morte nel cuore del nostro essere tifosi, ma con l’orgoglio di manifestare sempre il nostro spirito critico, come abbiamo sempre fatto, insieme a pochi altri, perché così doveva ed è stato fatto. E ai tanti colleghi che fino ad oggi avevano scelto, legittimamente, di sostenere sempre e comunque la proprietà attuale, e che finalmente anche loro si pongono sulla nostra stessa linea, diciamo come il famoso Maestro Manzi: “non è mai troppo tardi”.