PRIMA DEL SAN VITO

a cura di Giorgio Porto

LARGO PREFETTURA

Nell’ottobre 1908 la palla rotonda fa la sua comparsa in “Largo Prefettura” per merito dell’aviatore Arnaldo De Filippis, valoroso eroe di guerra e sportivo in tempo di pace, che mostra ai presenti come si fa a prendere a calci un pallone e quali sono le principali regole del foot-ball.

LE CANNUZZE

Il pallone fa immediatamente presa nei cosentini e sorgono diverse squadre rionali: lo “Sporting” di De Filippis, la “Virides” di Amedeo De Maria, il “Milan Sport Club”, il “Brutium Sport Club”, la “Libertas”, la “Meridionale”, il “Savoia”, la “Fratelli Bandiera”, la “Speranza” ed il “Circolo Cattolico Beato Gabriele”; gli anziani appassionati di calcio sono a conoscenza che le prime sfide tra di esse avvengono su un terreno, non proprio livellato, in località “Cannuzze”.

IL MILITARE DI PIAZZA D’ARMI

Successivamente, a partire dal 1912, le prime partite disputate dalla S.S. Cosentina (nata dalla fusione delle varie squadre rionali) e dalla Fortitudo (nata dalla scissione dalla S.S. Cosentina) si disputano lungo il Busento sul terreno Militare di Piazza d’Armi, che, utilizzato anche per le altre attività sportive, rende necessario lo “squadramento” del terreno di gioco, a carico dei giocatori, prima di iniziare le partite.

E’ lì che si gioca fino ad aprile 1921 allorquando si decide di costruire gli argini del Busento ed edificarvi il Palazzo delle Poste spostando la “palestra sportiva” in un terreno sito in contrada Muoio.

IL CAMPO SPORTIVO MILITARE DI CONTRADA MUOIO

Ma in Contrada Muoio (nella zona dell’attuale Piazza Cappello) i lavori, appena iniziati, cessano lasciando la città senza infrastrutture sportive fino a luglio del 1923 quando, grazie alla volontà dei giovani cosentini ed all’impegno del locale presidio militare, viene finalmente completato il Campo Sportivo Militare dove, a settembre, si svolge il I meeting interregionale contro il Peloro di Messina che richiama una imponente massa di sportivi con l’abbattimento di ogni record d’incasso. I cosentini vincono nelle tre gare di atletica (1.000 m., staffetta americana a 3 x 5 Km e 100 piani), mentre nel calcio i messinesi prevalgono 4-2 contro una sfortunata Fortitudo e, pare, con l’aiuto dell’arbitro che a fine gara sfugge miracolosamente all’ira della folla.

Successivamente su questo campo si svolge una sfida contro i cugini di Catanzaro (3-1) ed il torneo di III divisione regionale (luglio 1924) con la finale Palmese-Vigor Nicastro, prima che l’Istituto per la Case Popolari occupi il suolo mettendo, ancora una volta, in crisi le attività sportive.

IL CAMPO SPORTIVO MILITARE DI SANTA TERESA

Solo il 15 ottobre 1925, dopo una stasi di un anno, viene allestito un nuovo Campo Sportivo Militare, sempre in contrada Muoio, nelle adiacenze dell’attuale chiesa di Santa Teresa, al di sotto di via Roma. Da aprile a ottobre del 1927 si registra una nuova chiusura del Campo Sportivo per favorirne i lavori per la recinzione, per la creazione di un percorso di guerra con la pista di atletica, e per il rifacimento del terreno di giuoco.

I lavori vengono diretti dall’Ing. Maspoli con la collaborazione del Maggiore Fantucci, del Cap. Gavedini e del Ten. Papa. Vengono, inoltre, costruite in legno, la baracca del Corpo di Guardia e lo spogliatoio.

Il 13 novembre 1927 riapre il Campo Sportivo con la partita Cosenza fbc-Braccini Catanzaro 4-0. Ma la fretta è cattiva consigliera; infatti la recinzione lascia a desiderare, tanto che a fronte di un notevole numero di spettatori che presenzia alle partite gli incassi sono magrissimi, senza contare il terreno di giuoco “friabile ed inconsistente” che si trasforma in melma al minimo accenno di pioggia. E’ questo il terreno di gioco delle squadre di Cosenza dalla stagione 1927/28 al 1930/31 e successivamente nel 1945/46.

Sono cinque stagioni tutte fortunate; visto che la prima si conclude con la vittoria ex equo con la Fortitudo Locri nel campionato di III divisione, la seconda con la vittoria e la promozione in II divisione, la terza con un 7° posto utile per l’ammissione in I divisione, la quarta con la salvezza dalla retrocessione e la quinta, 15 anni dopo, con la conquista della Serie B.

I risultati positivi della squadra acuiscono il problema dell’esigenza di avere un degno campo sportivo, continue e pressanti sono le richieste della pubblica opinione alle autorità politiche ed amministrative che finalmente recepiscono le suppliche e riescono a mettere a diposizione dello sport cittadino uno spazio proprio di fronte al campo militare nel settembre del 1931.

IL “CITTA’ DI COSENZA”

E’ pronto solo il terreno di gioco, largo 53 metri ed in terra battuta, la recinzione con rete metallica alta due metri per il lato A ad ovest, mentre nel lato B, ad est, oltre alla rete metallica, si notano i lavori per la costruzione dei locali dell’appartamento del custode e quattro aule scolastiche per la scuola elementare, al di sopra di questi locali saranno innalzati i gradoni della tribuna.

Dalle cronache del tempo sappiamo con certezza che la prima partita ufficiale è giocata il 4 ottobre del 1931, prima giornata del campionato di I divisione, Cosenza-Molfetta 7-2; curiosamente sempre il 4 ottobre, ma 33 anni dopo, sarà giocata la prima partita al “San Vito”. La partita di esordio registra anche il grave infortunio del terzino Coverlizza che, ricoverato in ospedale, spirerà dopo una quarantina di giorni di sofferenza, lasciando nello strazio la moglie con due bambini a Pola.

Il successivo 28 ottobre, festa nazionale per l’anniversario della Marcia su Roma, con l’amichevole Cosenza-Napoli B 2-1, si inaugura, ufficialmente l’incompleto Campo Sportivo; tra le autorità sono presenti: S.E. il Prefetto Adinolfi, il Podestà On. Tommaso Arnoni, il Presidente del Cosenza S.C. Comm. Avv. Tommaso Corigliano, l’Avv. Franco D’Ippolito Presidente del settore tecnico del Cosenza S.C., il Segretario Federale, il Presidente dell’O.N.B. ing. Riccardo Maspoli, il Segretario dell’O.N.D. Luigi Zagarese, il Rag. Massimo Cavalcanti in rappresentanza della F.I.G.C.. Il Comm. Corigliano, che da giugno del 1931 regge le sorti dello Sport Club Cosenza, è colui che “ha dato la spinta maggiore con attività prodigiosa, con energia dinamica facendo sforzi inauditi per ottenere ciò che sembrava impossibile, mentre il Podestà On. Tommaso Arnoni ha risposto “fascisticamente” all’appello superando difficoltà e spese, facendo sorgere, in pochissimo tempo, il campo”… che, con l’enfasi delle cronache del regime viene descritto “bello, spazioso e tecnicamente perfetto”.

Bisogna attendere due anni per sopraelevare le mura esterne con le relative entrate, costruire lo spogliatoio per l’arbitro e la copertura della Tribuna B, mentre solo alla vigilia dell’esordio in Serie C (settembre 1935) si provvede all’allargamento del terreno di gioco ai 60 metri regolamentari. La tribuna B, con le “maledette” colonne che ne sorreggono la copertura, è completata prima del 15 ottobre 1933, giorno di Cosenza-Palermo B 2-1.

Fino alla pausa bellica, il campo di via Roma risulta formato solo dalla Tribuna B (lato est) e dalla Tribuna A (lato ovest) per una capienza massima di non più di 4.000 posti. Come è noto le vicende belliche del periodo maggio 1943 – marzo 1944 determinano, in Calabria, la sospensione di ogni attività agonistica ed il terreno del “Città di Cosenza” viene utilizzato per costruirvi 16 baracche per i sinistrati.

Nel gennaio 1945, mentre le attività belliche si svolgono altrove, anche in Calabria riprendono quelle agonistiche già in svolgimento nel resto del Centro-Sud, ma il Cosenza, per la mancanza del terreno di gioco, non può partecipare al campionato misto serie C – I divisione, a carattere regionale, indetto dalla FIGC ed i suoi giocatori vengono utilizzati da altre squadre impegnate nei campionati misti in Calabria e nelle altre zone d’Italia.

In quel periodo, comunque, un’altra squadra cosentina, la Stella Rossa, mette su una squadra e partecipa al campionato disputando le partite interne sul vecchio terreno del Militare, di fianco alla Chiesa di Santa Teresa e a poche decine di metri dal “Città di Cosenza”.

Ma l’assenza di un’opportuna recinzione determina spesso, durante le partite, l’entrata in campo di spettatori, non sempre con intenzioni pacifiche. Perciò la Stella Rossa perde la maggior parte delle partite interne a tavolino e conclude il campionato come fanalino di coda.

Con la stagione 1945/46, si riparte con i Campionati nazionali, ma il “Città di Cosenza” è ancora occupato dalle baracche dei sinistrati; solo in extremis, grazie al rinvio dell’inizio della Serie C, si riesce, in qualche modo, a far omologare il vecchio Campo Militare riadattato con una recinzione di fortuna e con la costruzione di una tribunetta in legno. Nel vecchio Militare il Cosenza disputa e vince il Campionato che consente l’approdo, per la prima volta, alla Serie B.

La stagione 45/46, cominciata in sordina, continua con un crescendo di prestazioni che portano i rossoblù, quell’anno in maglia granata, seguiti da una tifoseria sempre più folta ed entusiasta, alla vittoria del campionato.

Nel giorno di Pasqua 1946, Cosenza festeggia contro la Reggina (battuta 3-0) la prima storica promozione in Serie B; le cronache del tempo, forse esagerando, parlano di diecimila spettatori presenti e per la prima volta fanno cenno a comitive provenienti dalla provincia. I festeggiamenti di quella giornata si concludono con la solenne promessa del Sindaco e del Prefetto di sistemare il “Città di Cosenza”.

Promessa mantenuta: il 22 settembre 1946 il Cosenza, guidato dall’ex campione del mondo Demaria, con una inedita maglia gialla, esordisce tra i cadetti contro la Salernitana in uno stadio gremito, rimesso a posto ed addirittura ampliato con la costruzione della “gradinata Sud” e con l’ampliamento della parte nord della “Tribuna A”. Intanto nel novembre del 1947, per la prima volta, si parla della costruzione di un nuovo Campo Sportivo.

E’ il Presidente del Comitato provinciale del CONI, Massimo Cavalcanti, a lanciare l’allarme per l’inadeguatezza del “Città di Cosenza” a sopportare la crescente massa di tifosi proveniente domenicalmente anche dalla provincia. “Il rigore”, periodico sportivo locale, più di tutti si distingue nel sostenere l’opinione. Lo stanziamento di 20 milioni da parte del Comune e l’aiuto del CONI per la costruzione di un nuovo impianto per l’atletica leggera, da l’occasione alla Società di chiedere all’Avv. Mario Cristoforo, Consigliere Comunale, di perorare la causa per l’approvazione di una delibera che preveda lo stanziamento di fondi per l’acquisto di un terreno relativo alla costruzione di un nuovo stadio, intanto l’Ing. Flores, delegato incaricato dal CONI di Roma, individua anche il terreno, fuori città, sulla destra del Campagnano.

Il 9 marzo del 1950, a Roma, la Commissione Impianti Sportivi esamina ed approva la documentazione spedita dagli organi comunali, ma le vicende del “Caso Messina”, scoppiato nell’estate del 1950, e la sua amara conclusione gettano nello sconforto l’ambiente sportivo e non. Inizia così per il Cosenza una parabola discendente e la pratica relativa all’acquisto del suolo resta giacente nelle scrivanie del Comune.

Durante l’estate del 1950 si provvede ad una semplice operazione di maquillage del campo con operazioni di intonacatura e imbianchimento e con l’eliminazione della scalinata di accesso centrale alla tribuna B con l’eliminazione del relativo corridoio per recuperare un po’ di spazio per il terreno di gioco. Calcolo approssimativo della capienza del Città di Cosenza (2 posti per ogni metro):

Tribuna A e Numerata Centrale, 8 file di gradoni, più il corridoio sottostante x 90 metri = 1.800 posti;

Gradinata Sud, 8 file di gradoni per 60 metri = 1.200 posti;

Tribuna B, 13 file di gradoni doppi per 60 metri = 3.000 posti.

Per una capienza totale di 6.000 posti.

In realtà i posti a sedere sono solo quelli della Tribuna A, perché negli altri settori seguire le partite seduti significa non vedere nulla; non essendoci limiti alla vendita di biglietti è facile immaginare che veramente nelle partite più importanti si arriva a sfiorare le 10.000 presenze, senza contare le diverse centinaia di spettatori dalle finestre e dai balconi circostanti. Il 19 aprile 1953, per un incidente di gioco, sul campo di Scalea, perde la vita Emilio Morrone, portiere della Sicilia, squadra cittadina militante nel campionato di I categoria; a lui, il Consiglio Comunale, unanime, nella seduta del 14 gennaio 1954, intitola il “Città di Cosenza”.

L’EMILIO MORRONE

Nel 1954, il 2 agosto, finalmente il terreno del nuovo stadio è acquistato dal Comune! Ecco cosa pubblica il “Rigore”:
Finalmente il terreno del nuovo stadio è acquistato! “Lo Stadio a Cosenza! Ed anche questa è fatta. Ciò che sembrava un sogno è oggi palpitante realtà. Circa 100.000 mq. di terreno in contrada “S. Vito”, sono stati acquistati dal Comune di Cosenza per ivi far sorgere gl’impianti sportivi, dotati di una attrezzatura tecnica adeguata alle esigenze della nostra città. Al duo Schettini-Perugini, cui Cosenza deve molto, ai loro collaboratori la riconoscenza di tutti gli sportivi onesti. 

Alle parole, agl’intrighi, alle speculazioni essi hanno preferito i fatti, bene operando nell’interesse esclusivo della collettività! La carenza di spazio c’impedisce, per il momento, di occuparci dell’argomento, con una certa ampiezza, lo faremo un’altra volta”.

Intanto l’opera intelligente e appassionata di un Presidente, non certo mecenate, come Salvatore Perugini apre un nuovo ciclo per il Cosenza; per i “lupi”, che nella seconda metà degli anni cinquanta vanno alla conquista di nuovi traguardi, e per i suoi sostenitori, che riprendono a crescere non solo in numero ed entusiasmo, ma anche in correttezza è necessario trovare ulteriori spazi nel vecchio campo.

Il campo sportivo è sempre più piccolo per l’incontenibile entusiasmo di una tifoseria trascinata da una squadra che raggiunge record e miete successi con punteggi spesso altisonanti. Nel settembre del 1953, all’esordio in campionato col Bari ed in formazione rabberciata, i “lupi”, commuoventi per l’impegno, escono dal campo tra gli applausi, ma sconfitti da una squadra troppo superiore. Da lì in poi e per 47 partite, 39 vittorie ed 8 pareggi, il Cosenza non conosce sconfitte interne fino a quando viene battuta dal modesto Aefer, un avversario sottovalutato; tuttavia devono trascorrere altre 74 partite (59 vittorie e 15 pareggi) per subire un’altra sconfitta interna ad opera del Taranto, nel dicembre del 1960. In oltre 7 anni i “lupi” ottengono, nella loro tana, un primato di 98 vittorie, 23 pareggi ed una sola sconfitta, appunto quella con l’Aefer. Sono numeri impareggiabili che spiegano da soli l’incontenibile voglia di vedere i “lupi” all’opera; non bastano le gradinate del vecchio Morrone, dove possono entrare solo in 10.000 dagli ingressi o scavalcando i muri, non bastano le centinaia di balconi, finestre e terrazze affollate dei palazzi limitrofi, ma anche all’esterno i tanti che non possono vedere la partita sostano per farsela raccontare da chi, in posizione precaria, sui muri di cinta, riesce a farne una sorta di radiocronaca.

La forza della squadra richiama la tifoseria e la tifoseria rende sempre più forte la squadra. A fine partita i tifosi, in segno di gioia, salutano la squadra accendendo migliaia di torce con la carta dei giornali utilizzata durante la partita come cappello, come usano i muratori, per ripararsi dal sole, mentre, da Santa Teresa, Don Saverio annuncia alla città la nostra vittoria con un assordante e prolungato suono di campane a festa, che riprende con maggiore lena quando sembra finito. Intanto al termine del campionato 1957/58 il Cosenza vince il girone C della IV serie di eccellenza, conquista, con Mantova e Spezia (con in porta il portiere Albertosi, mica uno qualunque!), lo scudetto tricolore, ma soprattutto vince il Premio Disciplina.

Forse solo le vittorie spiegano come sia stato possibile che in quella bolgia domenicale non si sia mai verificato il minimo incidente.

Nella foto sottostante si nota la rete di recinzione della tribuna B, diventata obliqua, per la pressione della folla; come abbia fatto a resistere per anni e a non crollare questo è inspiegabile! Una sorta di miracolo! Si notano diversi bambini accovacciati tra le gambe degli adulti! Alla faccia della sicurezza! Le finestre che si notano sotto la tribuna B sono quelle delle quattro aule dove, i ragazzi della zona, andavano alle elementari e da cui “spiavamo” gli allenamenti. Si individua, sullo sfondo tra le braccia di Lenzi e dell’avversario, l’inconfondibile sagoma del mitico “Mastru Peppe”, da sempre straordinario custode del campo e bidello della scuola. Intanto, alla fine di maggio del 1960, sulle strade della Puglia, Salvatore Perugini è atteso da un tragico destino che lo priva sia della gioia di vedere il ritorno nella serie Cadetta del Cosenza da lui plasmato e della soddisfazione di vedere completato il “San Vito” per il quale si era speso tanto. Tuttavia i dirigenti rimasti, sulle orme tracciate dal grande Presidente cercano di continuare la sua opera ed in vista di un’altra stagione esaltante, riescono a costringere il Comune a fare un altro maquillage al campo. Vengono finalmente abbattute le otto colonne con la relativa copertura della tribuna B, causa di torcicollo per i tifosi, e dipinta la stessa di rosso e di blu. Sulla parte rimanente della copertura, a sud, vengono sistemati i vessilli delle squadre avversarie in campionato secondo l’ordine col quale saranno incontrate; al centro il vessillo rossoblù del Cosenza, quello azzurro del Comune e quello della squadra avversaria di turno; dopo ogni partita il vessillo della squadra incontrata viene ordinatamente sistemato nella parte nord della copertura. Una sorta di calendario calcistico fatto con i vessilli. Ognuno può vedere, in ordine, le avversarie incontrate e quelle da incontrare.

Durante il campionato, nel periodo natalizio, vengono costruite, recuperando altri posti, ai lati nord e sud della Tribuna B, due tribunette in tubi Innocenti. Nella foto sottostante, scattata da uno dei tanti balconi di Via Cattaneo, ecco come appare normalmente il campo durante la partita, tutti in piedi e nessuno zitto. La marcatura del gol, dà luogo ad un urlo prolungato ed assordante che distintamente si ode da ogni angolo della città; i pochi che non vanno allo stadio conoscono in tempo reale, pur non essendoci a quel tempo le radioline, quanti gol ha realizzato il Cosenza. Di contro, le poche volte che i “lupi” prendono il gol, in un’atmosfera surreale, tutti ammutoliscono ed il gelo scende nel campo e nei cuori di ognuno in un silenzio di tomba. Al vecchio “Morrone” non si sente né si vede esultare un tifoso avversario, solo gli undici atleti si vedono gioire, ma anch’essi rispettosi del silenzio. Lo stesso silenzio che il 4 giugno 1961 cala al triplice fischio che sancisce lo 0-0 col Cirio in un campo stracolmo di gente che aspetta, ormai rassegnata, la notizia della vittoria del Trapani ed il rinvio dei sogni di promozione; invece dopo pochi minuti si sente, dai diffusori dello stadio, la voce del Presidente che, commosso, ne annuncia la sconfitta a Chieti scatenando un caos indescrivibile di felicità tra tutti e commuoventi pianti di gioia. Le pagine dei giornali descrivono ampiamente come Cosenza vive quella serata, a noi interessa sapere che immediatamente, già dopo pochi giorni, nel corso della cerimonia, che si svolge in Comune per festeggiare l’avvenimento, il Sindaco Arnaldo Clausi Schettini, grande tifoso dei “lupi”, prende l’impegno di adeguare il vecchio “Morrone”, anche se prossimo ad andare in pensione, alle regole per ospitare la cadetteria; per far questo chiede, seduta stante, una relazione all’Assessore ai Lavori Pubblici, Ing. Francesco Guido; detto e fatto, dopo alcuni giorni, vengono stanziati, in via straordinaria, 8 milioni di lire per ricavare altri 4.000 posti.

Il 3 settembre è previsto l’inizio del campionato, non c’è tempo da perdere. Il campo sportivo viene messo a soqquadro, restano in piedi solo la gradinata sud e la tribuna B, al cui interno, al posto delle aule scolastiche, vengono trasferiti gli spogliatoi, fino ad allora situati all’angolo sud-est del campo. E’ inimmaginabile quello che accade in due mesi, ognuno per il suo ruolo fa più del massimo di quello che può, agli stessi operai non pesano eccessivamente i lavori notturni di quella calda estate, e non sempre le regole urbanistiche e di sicurezza vengono rispettate pur di raggiungere l’obiettivo. La gradinata nord viene ingrandita abbattendo le mura esterne ed utilizzando lo spazio ottenuto dalla eliminazione del marciapiede di Via Cattaneo; analogamente per ingrandire la Tribuna A si abbattono le mura esterne utilizzando lo spazio ottenuto dalla eliminazione del marciapiede di Via Galluppi. Insomma, i marciapiedi per i cittadini non sono importanti come le scalee dello stadio per i tifosi!

I LAVORI ALLO STADIO

Viene individuata anche una sistemazione per le riprese televisive della RAI, la cui postazione è al di sopra della tettoia, in lamiera, della tribuna centrale. La rubrica Telesport, puntualmente, lunedì alle 20, trasmette la sintesi di alcuni minuti delle partite di Serie B. Ma il lavoro più incredibile si fa col terreno di gioco con il doppio obiettivo di migliorarne il drenaggio e farvi crescere l’erbetta.

Per tutto il campo si scavano numerose trincee larghe un metro, profonde un paio di metri e lunghe una quindicina che vengono poi riempite con pietre, e, alla superficie, con terra. Il terreno viene quindi appianato e zollato. L’obiettivo drenaggio viene raggiunto: infatti, nei tre anni che restano al vecchio Morrone, nessuna partita viene rinviata.
La zollatura, invece, non dà i risultati sperati e le squadre avversarie continuano a respirare la polvere del Morrone. Solo dopo l’esordio con la Lazio e prima di Cosenza Bari (4a giornata), l’erbetta appare sul terreno di gioco, ma come tutte le più belle cose dura pochi giorni per poi sparire per sempre. Nonostante l’aumento della capienza, ormai superiore ai 10.000 posti, gli spalti ed i balconi sono sempre pieni ed il campo fa sempre paura, anche se gli ospiti sono più smaliziati. Si aggiunga a ciò la difficoltà e la fatica per le squadre avversarie di raggiungere Cosenza (non esiste un aeroporto nelle vicinanze, i più vicini distano ore di strada statale, e non esiste un’autostrada), esse sono costrette dopo ore di viaggio in treno a fermarsi alla stazione di Paola per poi raggiungere Cosenza attraverso la vecchia strada della Crocetta. Per le squadre ospiti la trasferta di Cosenza è sempre dura ed anche in Serie B il campo è inespugnabile: il Cosenza e Cosenza cominciano a dar fastidio. Emblematica è la vicenda di Cosenza-Modena 2-1 del 7 gennaio 1962, quando l’arbitro Rebuffo, raggiunto da un calcinaccio, scrive nel referto una serie di bugie, poi smascherate, asserendo di aver portato a termine la gara pro-forma.

Il campo del Cosenza subisce quattro giornate di squalifica, poi ridotte a tre. La stampa del Nord, capeggiata dalla “Gazzetta dello Sport” e da Gianni Brera, non perde l’occasione, calca la mano ed offende oltre misura la città paragonando gli sportivi cosentini a cannibali del Centro Africa.
Tra le altre menzogne sostiene che il Cosenza gioca per convenienza al vecchio campo visto che il “San Vito” sarebbe pronto per le competizioni da parecchio tempo. Le difese del Cosenza vengono prese dal “Corriere dello Sport” che, attraverso Mario Pennacchia, già aveva esaltato la correttezza di un pubblico entusiasta in occasione dell’esordio in campionato con la Lazio.

Sembra finita per il Cosenza che nelle tre partite interne (Brescia, Reggiana e Verona), disputate in campo neutro, lontano dal proprio campo, racimola solo un punto e, con il compiacimento delle squadre settentrionali, precipita all’ultimo posto ad un passo dalla retrocessione. Ma l’ingiustizia subita e la disperazione fanno stringere ancora di più l’ambiente con la squadra. Il 4 marzo, dopo un’assenza di due mesi, il Cosenza ritorna al “Morrone”, in una bolgia indescrivibile, ed al cospetto dell’arbitro internazionale Jonni che, applaudito a scena aperta, non sbaglia alcun intervento. E’ la prima di sette partite da disputare in casa, è la prima di sette vittorie, ottenute soprattutto con il cuore, contro squadre di rango e tecnicamente superiori, l’ultima dei quali, la Pro Patria, lascia al “Morrone” il sogno della Serie A e consente ai “lupi” una miracolosa permanenza a dimostrazione di quanto sia decisivo per i “lupi” giocare nella propria tana. Anche nel campionato seguente la roccaforte dell’“Emilio Morrone” è decisiva per il conseguimento della salvezza, infatti si registra solo la sconfitta col Parma (1-2) causata, però, da un decisivo errore dal dischetto di Rumignani nel finale.

La stagione 1963/64 è l’ultima disputata dal Cosenza all’“Emilio Morrone”. Il 10 maggio 1964 si gioca il derby Cosenza-Catanzaro ed è 2-1; è Campanini a realizzare l’ultimo gol in campionato all’“Emilio Morrone”. L’ultima partita di campionato, Cosenza-Monza 0-2, sancisce la prima vera retrocessione della storia del Cosenza, le altre due a cavallo della fine degli anni ’40, inizio anni ’50, sono dipese da ristrutturazioni dei campionati. Nel settembre del 1964 il “San Vito” non è ancora pronto, mancano le porte di ingresso, ed il Cosenza è costretto a dirottare ancora al “Morrone” le amichevoli pre-campionato: il 3 settembre Cosenza-Palermo 2-4 ed il 6 settembre Cosenza-Nicastro 6-2. Il 30 maggio 1975 il Cosenza ritorna a giocare a Via Roma per l’ultima volta in una partita organizzata contro la Morrone sia per festeggiare la promozione in Serie C sia per reperire fondi per i giocatori delle due squadre creditori di diverse mensilità dalle rispettive società; in quell’occasione alcuni giocatori rossoblù polemicamente ed ironicamente raggiungono il campo a piedi e senza scarpe. Per la cronaca il Cosenza vince 3-1 ed è Lino Villa al 65’ a realizzare l’ultimo gol in assoluto al campo Morrone; tra le fila rossoblù gioca anche Vivarelli che era in campo, con la maglia del Monza, nell’ultima partita di campionato, 11 anni prima.

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