Da quando è nato Solo Cosenza, ci siamo posti un solo obiettivo che è quello di raccontare le vicende del Cosenza calcio con la passione del tifoso unita ad un distacco critico, che fosse sempre più aderente alla realtà che si palesa sotto i nostri occhi, senza fare sconti a nessuno nella buona come nella cattiva sorte e men che meno a noi stessi.
All’inizio di questa stagione per come (al solito) è vergognosamente partita ci siamo posti il problema di quale linea seguire per raccontare questo campionato “anomalo” che, ahimè, non ci vedrà mai protagonisti per come la storia del Cosenza meriterebbe, optando per un racconto “asettico” che lasciasse la squadra libera di potersi esprimere sul campo senza le pressioni che un ambiente passionale come il nostro ne potessero condizionare le prestazioni.
Un po’ come ha fatto la tifoseria mettendo da parte almeno fino allo scorso weekend la giusta contestazione verso un patron che ha il Cosenza come hobby principale, ed anche i colleghi della carta stampata e non, che fino ad oggi hanno dato credito a Zaffaroni, Goretti e tutti i calciatori, com’è giusto che fosse.
Oggi, dopo avere raccolto la miseria di un solo punto nelle ultime cinque gare, con dieci reti subite e due realizzate ma, soprattutto, dopo avere assistito ad una serie di prestazioni al limite della decenza, non possiamo fare altro che analizzare con raziocinio quello che è sotto gli occhi di tutti.
Partiamo dalla difesa dove Vigorito, buon portiere anche di categoria, non offre le stesse garanzie alle quali ci aveva abituato Falcone (che forse faremmo bene a dimenticare in fretta), L’infortunio di Vaisanen ha rotto certamente gli equilibri, Rigione regge la baracca fin che può, ma quando anche lui prende un’imbarcata, come a Monza, è buio pesto anche per i compagni di reparto che sono dei buoni comprimari.
Il vero problema resta il centrocampo che pur disponendo di buoni interpreti manca di equilibrio. Palmiero non ha più giocatori che gli fanno da scudo com’erano Sciaudone e Bruccini, due cosiddetti “spaccalegna” impegnati soprattutto nei recuperi del pallone che gli permettevano di inventare le giocate.
Oggi che fa coppia con Carraro, ottimo giocatore ma esasperatamente lentissimo, non a caso soprannominato “moviola” dai suoi ex tifosi a Frosinone, deve cantare e portare la croce, con conseguente scadimento nelle prestazioni. In queste condizioni è difficile fare filtro per la difesa.
Entrambi poi, non verticalizzano quasi mai il gioco, a meno che di non avere una prateria davanti, e sono anche male supportati dagli esterni con il solo Situm che sembra essere giocatore di sicuro affidamento, mentre Anderson ancora resta un oggetto misterioso e gli altri sono buoni solo per essere dei rincalzi. Boultam potrebbe essere uno dei nomi giusti sui quali affidarsi ma anche lui deve migliorare in continuità.
In attacco non siamo messi male anche se ormai su Caso gli avversari hanno imparato come arginare la sua potenziale imprevedibilità con i raddoppi di marcatura, Gori è da settimane che non riceve palloni giocabili e fa quello che può così come Millico che vorrebbe spaccare il mondo ogni volta che ha la possibilità di giocare.
Un altro punto interrogativo e quello che riguarda metà della rosa che non vede mai il campo. Oramai è palese che oltre agli undici che scendono quasi sempre in campo c’è spazio solo per pochi (Corsi, Gerbo, Florenzi, Vallocchia, Pandolfi, Bittante quando sta bene), mentre gli altri non vengono presi mai in considerazione, cosa grave se si pensa poi che alcuni di loro sono tra i pochi calciatori di proprietà della Società.
Lecito quindi chiedersi come possano farsi trovare pronti questi atleti che non vengono mai presi in considerazione e come possano cementare uno spogliatoio?
Altra cosa che preoccupa è la mancanza di grinta che la squadra mostra spesso e volentieri soprattutto quando si trova al cospetto di avversari più quotati, consegnando ad essi la vittoria senza creare neanche un minimo di difficoltà come successo a Benevento, Lecce, Monza ma anche nel derby con la Reggina. Purtroppo il secondo tempo di Parma è stata un’eccezione e non sembra possa diventare una regola.
Ma la cosa che dovrebbe farci maggiormente preoccupare è che per questo Cosenza non esiste un piano B, oltre il 3-5-2 non esiste nessun altro modulo da utilizzare per sorprendere gli avversari? Da cosa dipende? Sono gli uomini non adatti ad altro modo di interpretare le gare, adattandosi agli avversari oppure per Zaffaroni non esiste che questo solo credo tattico?
A tutto questo deve dare risposte il tecnico e non parlare più di ritardo di preparazione, amalgama, crescita di squadra che erano giustificabili all’inizio di stagione, ma che oggi non hanno più ragion d’essere.
Come ben scriveva ieri su queste pagine il collega Calabrese dobbiamo smetterla di essere “masochisti” perché va bene conoscere la nostra dimensione di squadra che deve salvare la categoria, ma non sta scritto da nessuna parte che non possiamo neanche nutrire un minimo di ambizione, quello lasciamolo a Guarascio.