Il gattopardo e l’incantatore di serpenti

Eliseno Sposato

Eliseno Sposato

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L’11 novembre del 1958 usciva per Feltrinelli Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Un capolavoro della letteratura che contiene al suo interno una verità italiana: tutto cambia perché nulla cambi. Ossia: se tutto cambia esteriormente, tutto rimane com’è; se tutto rimane com’è, tutto può cambiare interiormente.

Questo è certamente l’assioma del patron del Cosenza calcio, infatti Guarascio continua imperterrito a coltivare il suo hobby preferito, visti i milioncini di euro che si porta a casa, nel segno della sua proverbiale continuità che sebbene strida con la discontinuità di cicli che si aprono e si chiudono nell’arco di dodici mesi, è perfettamente in linea con quanto scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa ben 64 anni fa.

Ecco allora che dopo avere dato il benservito al DS Goretti, di per sé non una gran perdita se valutiamo il suo lavoro nel complesso e non solo guardando al risultato raggiunto, per dare il posto a Roberto Gemmi, che sulla carta doveva rilevarsi un upgrade rispetto al predecessore, ma al quale è stato posto sulla linea di partenza il consueto handicap di un solo anno di contratto, il quale equivale a dire: programmazione pari allo zero e budget economico uguale alle passate stagioni messogli a disposizione.  

Questo perché alla fine quello che conta è  che la salvezza venga raggiunta pure all’ultima giornata, che poi la squadra venga umiliata in casa e fuori e che i tifosi soffrano per l’ennesima volta le pene dell’inferno poco importa a chi ha un solo obiettivo: incamerare da questa gallina dalle uova d’oro quanto più denaro possibile, con buona pace di chi ama il Cosenza.

Ecco allora che a noi che amiamo il Cosenza come ogni tifoso, ma che diversamente da essi, abbiamo il compito ingrato di analizzare con razionalità e senza alcun secondo fine, gara dopo gara le vicende della squadra, tocca focalizzare l’attenzione di tutti sullo stato dell’arte, seppure siamo oggi “solo” alla nona giornata di campionato.

Partendo dal mantra tanto caro a Gemmi, ennesimo incantatore di serpenti assunto dal patron rossoblù che recita “stupire”, ecco noi possiamo dargli ragione perché ci ha veramente “stupito”. Ma non nel senso che intendeva lui, bensì nel senso che siamo stupiti dal fatto che un professionista della sua caratura, non sia riuscito a cambiare nulla dall’andazzo del passato.
Anche lui si sta dimostrando di essere l’ennesimo signorsì giunto in riva al Crati che non può fare altro che allinearsi ai desiderata del padrone: spendere poco per massimizzare gli introiti a fine stagione.

Ecco allora che si è partiti da un allenatore in cerca di riscatto e con un palmares di esoneri per nulla invidiabile, squadra imbottita di giovani per portare gli introiti del minutaggio, dei ad oggi l’unico affidabile, oltre a Florenzi, appare essere Brescianini, mentre gli altri difficilmente lasceranno il segno, per il resto un gruppo di onesti mestieranti che devono cercare di raggiungere l’unico traguardo possibile e prefissato che è il mantenimento della categoria per continuare ad incamerare introiti sostanziosi dai diritti tv garantiti ogni anno.

Così dopo l’exploit iniziale dovuto più che altro al caso ed alla cattiva sorte degli avversari, le prestazioni del Cosenza sono andate verso una decrescita infelice facendo emergere tutte le carenze tecniche che la squadra ha: incapacità di imporre il proprio gioco, assenza completa di gioco sulle fasce con conseguente impossibilità di mettere gli attaccanti in grado di risultare pericolosi per gli avversari e, soprattutto, non riuscire quasi mai ad arrivare a tirare in porta.

Ma la cosa che nelle ultime due gare abbiamo visto e che ci ha “stupito” oltremisura è l’assoluta apatia messa in campo dagli uomini di Dionigi che è sfociata nell’inconcepibile arrendevolezza mostrata nel derby di Reggio Calabria, e nella brutta prestazione in superiorità numerica contro il Genoa. Si può obiettare che entrambe le squadre sono nettamente più forti del Cosenza e ci può stare che si perda, ed in linea di principio si può essere d’accordo, ma quello che non possiamo accettare è quello di vedere che i calciatori che indossano la gloriosa maglia del Cosenza, non lottino allo spasimo per onorarla.

Così come nella passata stagione siamo nuovamente punto e a capo, con la piazza in fermento che, a torto o a ragione, chiede la testa dell’allenatore, Allontanando così l’attenzione da quello che è da sempre l’unico vero responsabile di questa situazione che si ripete ciclicamente: il patron Guarascio sempre più innamorato della sua gallina dalle uova d’oro che del nostro Cosenza.

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