È il silenzio ad accogliere la squadra rossoblù di mister Viali dopo la vittoria sul Parma. Il palcoscenico del “San Vito-Marulla” ha fatto sempre da spartiacque, un rifugio sicuro dalle vicissitudini quotidiane per quei tifosi che, festanti o arrabbiati per i risultati ottenuti sul campo, decidevano di dedicare due ore del loro tempo (e forse anche qualcosa in più) per seguire la propria squadra del cuore. Talvolta, si dice, il silenzio fa più rumore delle parole. Questo non sembra il caso di chi, per protesta, decide ancora di disertare uno stadio che appare come se fosse un teatro nella gara casalinga contro la Ternana, formazione che lotta per un posto in zona playoff.
L’atmosfera che si percepisce è di defamiliarizzazione: gli spazi che venivano abitati dai tifosi oggi sono vuoti, asettici. Cosenza-Ternana sembra disputarsi al teatro “Rendano” di Cosenza per il religioso silenzio che invade quasi ogni angolo dello stadio. Sono infatti davvero pochi i tifosi presenti al “Marulla”. Non è forse solo l’ultimo posto in graduatoria ad aver convinto il tifo organizzato a disertare il “Marulla”, perchè quando si parla di “spazi del sentimento” come nel caso dello stadio citato, neppure l’ipotesi retrocessione potrebbe giustificare una tale assenza sugli spalti.
Dicevamo, l’atmosfera del “San Vito-Marulla” è apparsa ieri “perturbante”. Nel suo saggio omonimo del 1919 lo psicologo Freud ha definito la categoria del “perturbante” e l’analisi etimologica proposta prevede un doppio significato che sembra adattarsi perfettamente a quanto percepito sugli spalti del “Marulla” nella giornata di sabato.
Il primo significato di unheimlich, questo il termine in lingua tedesca, è “non familiare”, cioè perturbante nel senso di “straniero, estraneo a qualcosa”. Tuttavia Freud nota che tra i vari significati del termine sopracitato è presente anche il suo contrario: il secondo significato si avvicina a quello che noi indichiamo come “familiare, nascosto”.
Il “San Vito-Marulla” è apparso come un luogo freddo, privo di alcuna carica emozionale. Estraneo anche a chi lo abita da anni e ha deciso di disertare. Sembrano lontane le prime giornate di Campionato, sulla scia di quell’entusiasmo che faceva cantare i tifosi rossoblù sulle note di “Freed from Desire”. Un declino progressivo e drammatico sembra aver messo fine alle speranze riposte nella stagione corrente, complici di certo i risultati indigesti maturati sul campo e una campagna acquisti che non ha sortito grande interesse. Ieri il “San Vito” era silenzioso e vuoto, come se fosse abitato già dai demoni della Lega Pro. E i demoni della retrocessione, a Cosenza come altrove, fanno davvero paura.
Se perturba ciò che tiene insieme familiare ed straniero, il nascosto all’interno del familiare, è più facile tradurre l’atipica atmosfera del “San Vito-Marulla” di questo sabato. Il tifoso che ha deciso di sua iniziativa di rimanere fuori dallo stadio è consapevole che lo stadio rappresenti il luogo di incontro più importante per sostenere i suoi colori. Lo sa in quanto il concetto di “stadio” declinato da una mentalità ultrà è assimilabile a quello di “casa”. Il tifoso ha la residenza fissa allo stadio. Allo stesso tempo, quel luogo tanto familiare si trasforma in scenario di protesta muta per veicolare un messaggio alla società. A queste condizioni, pare che il tifoso non voglia tornare ad abitare quello spazio e a sostenere in praesentia la sua squadra.
Ecco che il clima perturbante del “San Vito-Marulla” genera un silenzio atipico, che non fa rumore e che, oltretutto, pare non desti scalpore a chi occupa i piani alti. Silenzioso come chi sa di aver troppe cose da dire ma preferisce tacere, il tifoso che resta fuori dallo stadio accusa probabilmente grande malessere. Ma, tra la protesta di chi urla a gran voce e il silenzio, continua a scegliere il silenzio quando il Cosenza calcio gioca tra le mura amiche.
Il “Marulla”, attualmente, separa la tifoseria dalla società ma unisce le due differenti Curve in una stessa decisione: restare fuori e tracciare una distanza logorante tra loro e ciò a cui tengono maggiormente, il Cosenza Calcio. Le mura amiche, non a caso, se da una parte racchiudono ed abbracciano chi le attraversa, dall’altra tendono a escludere chi resta al di fuori. Il tifoso ha deciso di restare fuori dalle mura amiche, di non partecipare al rito della gara nelle sue forme più diverse e chiassose. Le dinamiche del tifo organizzato non sono catalogabili, non seguono una sola ragione ma forse, oggi, seguono solo la ragione e poco il sentimento.
Poco dopo le ore 16:00, lo spazio antistante al “San Vito” era disabitato. Le lunghe code di auto in “Via degli Stadi” obbligavano, una volta, i tifosi a perdere tempo e parole immersi nel traffico, in attesa di tornare ognuno nella propria residenza “ufficiale”. Ieri è stata talmente rapida l’uscita dallo stadio che non è servito neppure scalare continuamente la marcia dell’auto per percorrere lo stradone e poi defluire nelle arterie cittadine. Si perde meno tempo, certo. Ma il tempo, speso o dedicato, al sentimento per questi colori non dovrebbe mai, o quasi mai, essere considerato tempo perso.