Paola Luisa Orlando dal 30 giugno scorso non è più l’allenatrice del Cosenza Femminile, visto che il suo contratto è scaduto, ma nonostante questo è la persona che resta più vicina alle calciatrici rossoblù, in questo momento di profonda delusione e amarezze che le “sue” ragazze si trovano ad affrontare dopo la mancata iscrizione al campionato di Serie C, e con un futuro sportivo pieno di incognite. L’abbiamo raggiunta per cercare di capire, se possibile, qualcosa di più su questa incredibile vicenda che sta suscitando reazioni sdegnate in città e a tutti i livelli.
Innanzitutto, la ringrazio per la disponibilità e per il tempo che ci concede. Coach Orlando, l’ultima volta che ci siamo incontrati per un’intervista è stata alla vigilia della gara di qualificazione agli Europei, quando la Nazionale Femminile di Calcio è venuta a Cosenza per affrontare le pari grado dei Paesi Bassi. Da allora sono passati un po’ di mesi, allora c’era tanto entusiasmo e tanta attesa per quell’evento, cui è seguito un finale di stagione del Cosenza superlativo. Che lasciava ben sperare per il futuro. Un futuro diverso, che si prospettava ricco di impegni magari anche difficili, invece è arrivata questa brutta notizia che nessuno si aspettava. Lei aveva qualche avvisaglia che Il Cosenza non si sarebbe iscritto al campionato?
<<Assolutamente no, perché non c’erano i presupposti o comunque non si era detto, o comunque almeno io non lo sapevo se c’erano dei presupposti perché si arrivasse a questo. Ad oggi noi non abbiamo ricevuto nessuna comunicazione da parte della società, quindi, non sappiamo nemmeno qual è la vera ragione. Se c’è una vera ragione la posso supporre, ma non posso affermarla come cosa certa. Diciamo – ha proseguito Coach Orlando – che ad un certo punto è emerso il sesto senso femminile, quando è il 15 luglio, sono le due del pomeriggio, passano i minuti e non arriva nessuna notizia, e mentre nei giorni precedenti non ci fai caso, quel giorno no. Così mentre messaggi con le ragazze che chiedevano informazioni e i minuti passavano, sorgevano i dubbi, ma in mancanza di informazioni si facevano ipotesi ma più per parlare che per altro. Si facevano chiacchiere da bar sulle voci di corridoio che si susseguivano>>.
Ancora oggi, a tre giorni di distanza, non arriva nessun comunicato ufficiale da parte del Cosenza ma quelle voci sono diventate presto un fatto concreto
<<Si, ma in quel momento potevamo solo aspettare anche perché io non è che non è che avessi parlato con qualche addetto ai lavori, sono quelle cose che puoi dire se sei al bar, non c’erano certezze né fatti oggettivi su cui ragionare, diciamo che è arrivata una doccia fredda che ci ha investito tutte. Però avevamo tutte la sensazione che ci fosse qualcosa che non ci convinceva, e questa è la riprova che il sesto senso femminile, di cui le parlavo prima, esiste>>.
Il silenzio assordante del Cosenza calcio è sicuramente la cosa peggiore no? a parte la delusione per il fatto in sé, avere questo sentore di, non venire considerate come atlete, e come donne.
<<Si, ma calcoli però che questo sentore noi ce l’abbiamo avuto il 15 luglio. Non il 14, non il 13, non il 12. Lei pensi che insieme al preparatore scrivevamo alle ragazze in chat illustrandogli il programma da seguire per arrivare già pronte alla preparazione precampionato; pur non avendo il contratto rinnovato, stavamo già pensando al programma da svolgere. Quindi, ripeto, stiamo parlando di sentori del 15 luglio alle 14:10. Poi con il passare dei minuti quando vedi che il telefono non squilla allora tu ti fai due domande>>.
Un po’ la stessa cosa che è successa a noi che abbiamo aspettato un pomeriggio ed una serata intera ad aspettare un comunicato ufficiale prima di potere lanciare la notizia.
<<Immagino la situazione, visto che ho ricevuto pure io dai suoi colleghi tante telefonate che mi chiedevano conferma della notizia ma io non potevo rispondere visto che non sapevo nulla>>
E sono passati altri due giorni nel silenzio più totale, perché questa società continua a non parlare, a non spiegare?
<<Non saprei che dire. Questa è la realtà dei fatti>>.
Parlare con qualcuno della società in questo momento è davvero difficile. Quindi stavate preparando tutto il piano tecnico per la nuova stagione. Avevate fissato già una data?
<<No, diciamo che in genere facciamo così e visto che la Serie C partirà il 6 settembre, fatti i conti dovevamo iniziare il 17 agosto, fermo restando che a me il 30 giugno è scaduto il contratto e potevano pure non riconfermarmi. Ma visto che teniamo molto alle atlete comunque c’era da tenerle motivate, a prescindere poi da quello che sarebbe stato il mio futuro di allenatrice. Non è mia abitudine lasciare le atlete da sole>>
Credo che non lo stia facendo neanche dopo che hanno ricevuto una mazzata del genere.
<<Eh si, soprattutto adesso>>.
Parliamo del Cosenza calcio Femminile. Dal 2018, anno in cui è stato strutturato il settore femminile sono passate, almeno nella prima squadra, 138 ragazze, 138 donne che hanno inseguito il sogno di giocare al calcio, che hanno anche sfidato un tabù importante. Ecco, dalla tua esperienza, di calciatrice prima e allenatrice poi, si è mai trovata in una situazione del genere?
<<No, devo dire che anche da calciatrice, avendo fatto anche la Serie B, la Serie A2, eccetera eccetera, ci sono state situazioni simili, però in genere la società ci ha sempre chiamato, per esporre i problemi. Ci dicevano che magari non c’erano i soldi per allestire la squadra, oppure nel corso del campionato non si riusciva economicamente a sostenerne il prosieguo. In quei casi – racconta Luisa Orlando – c’era chi andava via, chi restava, chi si prodigava per trovare una soluzione, capito? Però lo si sapeva con largo anticipo. Ricordo che, quando giocavamo con il Cus, un anno è arrivato il Mister che si occupava anche della gestione economica, dicendo che non si potevano sostenere più le spese chiedendoci se volessimo abbandonare il campionato, ma noi piuttosto che ritirarci, decidemmo di andare avanti e partivamo per le trasferte con le nostre macchine. Oggi non dico che ci debba essere una situazione del genere però, sicuramente venivamo sempre informati. Sono cose che possono succedere in tutte le squadre, anche nel settore maschile, però a monte c’è sicuramente uno che ti onestamente ti dice: “Non la posso fare più, oppure lo posso fare ancora ma in altre condizioni”. Diciamo che non mi è mai capitato di vivere un momento come quello odierno>>.
Di certo non te lo aspetti da una società così strutturata come il Cosenza calcio. Non dare seguito a una stagione esaltante come è stata quella di quest’anno, in cui avete vinto campionato e Coppa Italia regionale. Praticamente avete perso una sola partita, la semifinale della Coppa Interregionale con l’Ascoli è un delitto che va spiegato. Una squadra che ha che ha riscosso successi sul campo ma anche per come si poneva nei confronti degli avversari. Ci sono stati tantissimi attestati di stima per come il Cosenza. accoglieva gli avversari e li affrontava col dovuto rispetto, anche se da una posizione diciamo di superiorità tecnica. Arrivare e buttare a mare tutto è davvero incomprensibile.
<<Si, bisogna dire che a livello nazionale noi abbiamo avuto tantissimi riscontri di squadre, che ci hanno dimostrato la loro solidarietà e si sono detti incredule per quello che si è verificato, tutti ci aspettavano perché anche l’anno che abbiamo fatto la serie C e che siamo retrocessi, tutti ricordano che noi siamo stati la squadra tra le retrocesse che ha fatto più punti in assoluto negli ultimi 10 anni del campionato di serie C, cioè abbiamo fatto 24 punti. Abbiamo perso lo spareggio con un gol a cinque minuti dal termine su autorete. È stato un campionato complicatissimo, quell’anno abbiamo fatto tantissime esperienze e le ragazze sono cresciute tanto, visto che dopo quella stagione due ragazze sono andate a giocare una a Palermo, una a Catania. Ora una di questa va a giocare a Verona in serie B. Quindi qualcosa di buono, probabilmente c’è. Sapevamo che anche quest’anno poteva essere un campionato difficile e complicato, perché magari la rosa attuale poteva non essere all’altezza. Però, secondo me, con due o tre innesti ci si potrà provare. Si poteva provare – prosegue Coach Orlando – mantenendo il grosso del nucleo di ragazze che sono quasi tutte di Cosenza, o della provincia e quindi si poteva provare a fare qualcosa di buono, ma questo è un mio parere che non è scientifico, non è assolutamente matematico, non è assolutamente certo. Ecco, però qualcosa si si poteva tentare. Il fatto che tu non abbia la possibilità di mostrare sul campo quello che hai guadagnato nella stagione precedente è probabilmente la cosa che ti lascia l’amaro in bocca>>.
Certo, anche perché. Quando si è retrocessi la scorsa volta il Cosenza non ha neanche cercato il ripescaggio. Perché dissero che volevano tornare in serie C vincendo sul campo, cosa che è puntualmente avvenuta.
<<Che come ragionamento è anche giusto e infatti noi l’abbiamo accettato e ci siamo messe sotto. Le ragazze che sono rimaste l’hanno fatto per la propria città perché volevano il riscatto, si sono riscattate alla grandissima, hanno vinto tutto quello che si poteva vincere con i mezzi che avevamo. E ora ci sono rimaste malissimo perché, per decisioni di altri, non avranno nemmeno modo di d replicare o di dimostrare qualcosa, perché non gli è stata proprio data questa possibilità>>.
L’umore delle ragazze, per quanto possa essere comprensibile, com’è? Qual è la cosa, il commento più frequente che sentito dalle sue ragazze ripetere spesso in questi giorni?
“Non ci posso credere”. “Perché, ma perché?” “Ma lo potevamo sapere prima, e ora che faccio?” Queste sono le domande probabilmente che si fanno. Anche perché ci sono ragazze che quest’anno fanno l’ultimo anno di scuola, quindi anche dover lasciare la città per andare a un’altra squadra fuori regione, è complicato e sicuramente ci sono delle valutazioni da fare. Le famiglie devono fare delle serie valutazioni. Ci sono tante situazioni diverse: c’è chi lavora e non si può spostare proprio e chi comunque era un punto fermo della squadra a livello tecnico, quindi ci sono tante cose che devono essere valutate.
Poi ti viene lo sconforto e dice: “ma allora l’ho fatto per cosa?” No, che poi non è per la gloria in sé. È proprio perché a queste ragazze è venuta voglia di giocare a calcio, e per noi e è doppiamente difficile, per quanto nel mondo ci sia modernità. Ogni volta è complicato, ma noi lo vediamo anche per strada. Quando andiamo alle trasferte ci fermiamo in Autogrill, la prima cosa che ci dicono quando vedono le ragazze tutte in tuta, è: “ah, che bello che fate pallavolo!” No cavolo, no! Ci sono ancora queste piccole battutine che fanno male, quindi loro con chiarezza dicono: “no noi facciamo calcio. Io gioco a calcio”.
E poi vedono la Nazionale, e per loro l’obiettivo è arrivare lì. È normale – prosegue la Orlando – che se tu sogni delle cose e poi si vedono tolta la possibilità di poterlo fare nella loro città, tutto diventa più complicato. Ma come sto dicendo a tutte, non è successo nulla, è un capitolo della vostra vita. È brutto da accettare, ma bisogna farlo. È giusto che ora siate deluse. Ma bisogna guardare oltre. Avete davanti a voi un futuro splendido. Questa è una cosa che mi farà crescere prima? Probabilmente sì.
Questo, comunque, anche un segnale molto eloquente di come ci sia ancora bisogno di un grosso salto culturale. No, io non voglio parlare solo del calcio femminile, ma proprio dello sport in generale al femminile perché, se ancora si pensa che le ragazze possono fare solo la pallavolo ma non il calcio, nonostante la grande visibilità che ha oggi, è chiaro che ancora in molti debbano aprire gli occhi.
<<Anche a Cosenza in questi sei anni almeno quelle persone che ho visto io, anche gente che non conoscevo, che vedeva i nostri allenamenti, poi li commentava positivamente. Quindi probabilmente non avremo ancora per 10 anni il pubblico che si può avere un consenso in serie B. Ma il mio augurio è che si potrà arrivare al pubblico che hanno squadre blasonate come il Manchester United come Real Madrid come l’Atletico Madrid. Il pubblico, giustamente, è proporzionale all’investimento che si fa sulla squadra. In base a quanto investi poi raccogli. A volte penso a quanta gente è andata allo store a chiedere la maglia del Cosenza femminile, e a me che gli dicevo, che non esiste quella della femminile>>.
<<Se credi in quello che fai e lo porti avanti, poi la gente non si stupisce più. Diventa normalità, come è normale per i bambini, diventa normale per tutti. Basterebbe crederci. A volte sembra come se fossimo solo una seccatura ed è un peccato, perché sono solo ragazze che vogliono giocare a calcio>>.
Anche se il Cosenza non parla su questo. Penso che sia palese proprio questa cosa qui. Cioè, non crede nel progetto femminile, probabilmente non ci ha mai creduto. Lo ha fatto, come un dovere, più che un’idea di far progredire lo sport nella città e rappresentare la città anche con il calcio femminile, cioè quasi quasi sembra un fastidio.
<<Le spiego la differenza fra alcune compagini italiane e altre che sono all’estero. Quelli dell’estero sono arrivati un pochino prima, e hanno man mano capito. Se si investe su calcio femminile si ha un ritorno. Ovviamente non è che se investi oggi ce l’hai dopodomani il ritorno, si tratta di ragionare a lungo termine, probabilmente vedrai i frutti dopo 5, 6, 7, 8, 9, 10 anni. Adesso tutte le maggiori società che sono all’estero, ma anche in Italia, per esempio la Juventus stessa che è andata a prendere una delle giocatrici più costose a livello europeo, hanno capito che c’è un ritorno che non è solo una spesa però loro ci stanno investendo da 10 anni. Il primo anno sono partiti così, poi anno dopo anno hanno iniziato a vederne i frutti>>.
Basta guardare il Lione, che ha la squadra femminile che è più importante di quella maschile, più forte.
<<Esatto. Ma possiamo prendere anche il Nottingham Forest che ha deciso di investire sul professionismo femminile. Ed è vero che la nostra realtà non è assolutamente la realtà inglese, ma è anche vero che nella nostra realtà devi iniziare a spendere gli stessi soldi che sta spendendo il City, il Real Madrid o altre squadre professionistiche. Perché da noi è stato fatto quello di cui parliamo? Non so perché non hanno creduto in noi, non glielo so spiegare, non so oggettivamente. Qual è la chiave? Non me la so spiegare e quindi ci si rimane praticamente male>>.
Di sicuro, Al Cosenza non sarà stata una questione di costi, visto che l’iscrizione costava 3.800 euro, poi con il resto di organizzazione stipendi ai tecnici, trasferte eccetera a quanto si potrà arrivare? A 100.00 euro?
<<No. Io non so quale sia stata la motivazione. Boh, forse era più facile non averci piuttosto che averci. Non lo so poi che cosa abbiamo fatto in questi sei anni per essere considerate così complicate>>.
Beh, avete vinto. In sei anni avete vinto 43 partite su 97 gare disputate più 9 pareggi, segnato la bellezza di 327 reti che non sono mica poche.
<<Però non parlano solo le vittorie, parla proprio tutto il movimento che c’è intorno: ragazze orgogliose di indossare la maglia, di venire allo stadio a tifare per la prima squadra. Noi eravamo le più presenti, tra tutte la compagini, la parte più presente era la femminile. C’era sempre a ogni partita, eravamo sempre presenti, ma perché eravamo noi siamo appassionate di calcio, il maschile e femminile è qualcosa che si vuole aggiungere per fare una distinzione del genere, ma Io credo che il calcio sia tutto solo calcio>>.
Di certo diciamo un aspetto positivo proprio per quello che dicevi. E l’attenzione che si è scatenata in città con tanta solidarietà persino il sindaco è intervenuto, pur non sindacando la scelta della società, ci ha tenuto dire la sua e questo è importantissimo.
<<Sì, sì. È importantissimo. Sono felice di come la città ha risposto, qualcuno magari avrà anche detto “ma chi vonnu si fimmine?” ma non è un problema, ci sta che ci sia una parte che non è pronta a percepire questo disagio, ma per fortuna c’è anche la parte che non lo è. In questi sei anni eravamo presenti a tutte le manifestazioni sociali promosse dal Cosenza in cui potevamo mettere la faccia, mettere il nostro sostegno. Siamo sempre state lì sul pezzo con la nostra divisa e siamo sempre state riguardose di tutto, delle regole e di tante, tante cose. Cose a cui noi teniamo tantissimo perché eravamo a rappresentare la nostra squadra ed eravamo anche fiere e orgogliose di partecipare. A tutte queste manifestazioni sociali, quindi, ripeto, io non so che cosa è stato. Non so che cosa è stato e perché>>.
Ma quello che fa più rabbia è il silenzio della Società Cosenza Calcio. Non avere una motivazione, pure dire noi dobbiamo ridimensionare, ma se lo dico sarà una bugia, no? Anche sentire una cosa del genere, non potrà mai suonare come una verità.
<<La verità, a posteriori, per me personalmente non è accettabile. Ripeto che sono un Mister che essendo Mister conosco quello che ti dicono appena entri nel primo corso che fai da allenatore. Che il mister è un uomo solo, che ha una vita difficile, oggi può essere al top, domani ti possono esonerare eccetera eccetera. E quindi io? Il gioco lo capisco e lo accetto. Ma come glielo spiego alle ragazze che non sempre il lavoro paga? Come glielo spiego a una diciassettenne? Come motivo, quindi anche a posteriori, qualsiasi sia la motivazione? Capisce bene che non basterebbe più ormai>>.
Poi a queste ragazze gli viene sbattuta in faccia. quella che è chiaramente una vera e propria discriminazione, no? Cioè, si sentono private di qualcosa che amano fare, magari solo perché sono donne.
<<Probabilmente se contemporaneamente fosse stato successa la stessa cosa a una compagine maschile, tu avresti detto che non è discriminatorio. È una questione tra quelle da esaminare e quindi si deve fare. Così, un po’ discriminatoria appare>>.
Io la vedo così, non ci vedo, non ci può essere un’altra motivazione. Non può essere economica, perché? Una società ormai strutturata come quella del Cosenza che comunque deve mantenere la femminile a livello giovanile dovrà far giocare le under 15 Under 17, senza che queste possano vedere uno sbocco. Pensare di andare a giocare in prima squadra, e pensare di doversi impegnare per arrivarci.
<<Esatto, nel caso femminile rispetto al caso maschile, anche se ancora facciamo queste differenze, ma di genere, giusto per farle capire, quanto sia importante una prima squadra. Poi è fondamentale perché la ragazza finalmente si può identificare. Nel nostro caso, per quanto tutte le ragazzine inneggiano comunque sempre a Tutino, adesso però iniziano ad esserci anche altri modelli tutti al femminile come la Girelli, vogliono essere come Sara Gama, Manuela Giugliano, Elisa Bartoli ecc. Iniziano – prosegue Coach Orlando – ed è una cosa che io da bambina non ho potuto vivere perché ero convinta che non esistesse una cosa del genere. La prima volta che ho visto una partita di calcio femminile della nazionale avevo 16 anni. Ho dovuto prendere un treno da Mirto per Lamezia in incognita da mia madre che poi, quando sono tornata a casa, m’ha fatto la festa, giustamente. Però io ero felice perché avevo il poster della nazionale firmata dal portiere di allora che era Giorgia Brenzan e quindi per me era l’apoteosi. Quella volta ho preso visione di un mondo possibile e da allora in poi mi sono allenata perché ero determinata a diventare una giocatrice di calcio e volevo arrivare in serie A. E quindi da lì poi me ne sono andata a Roma, poi sono ritornata, poi ho fatto una carriera di vent’anni in cui ho visto il mondo. Sono stata anche in Germania per disputare tornei e vincerne anche uno. È questa la molla che ti fa scattare>>
Che per una ragazza di Mirto Crosia è quanto dire.
<<Appunto, se non avessi mai visto una cosa del genere o non avessi visto la Nazionale in quell’occasione, se non avessi visto i mondiali in America dove c’era Carolina Morace che segnava a ripetizione, probabilmente a un certo punto avrei detto basta, come ci dicevano tutti, ma chi te la fa fare a giocare a calcio? Cosa ti porta a giocare a calcio? invece adesso anche i genitori seguono le giocatrici, quando giocavano noi non c’era neanche un genitore che veniva a vedere la partita. Adesso invece li seguono e cercano le soluzioni migliori. Le fanno fare più vita da atleta, quindi si va in palestra, si segue una dieta diversa. Tante cose che all’epoca mia non si facevano, ma se io non avessi avuto quell’esempio lì, probabilmente sarei stata un’altra persa per strada. Ho anche capito ciò che non ero, non ero un numero 10, che faceva il triplo, ti alzava palla e mandava in rete. Io ero una che si sudava tutto sul campo.
E quindi ero molto brava nel mio ruolo, ma ogni cosa la dovevo sudare. E questo mi ha dato la motivazione per farlo, anche quando ho avuto gli infortuni, quando le cose non andavano bene. Queste sono cose importanti, esempi importanti, quindi nel calcio femminile la prima squadra è molto importante, molto di più rispetto a quella maschile>>.
In questi tre giorni in tanti si sono chiesti se si poteva fare qualcosa per le ragazze, addirittura comprare il titolo per creare una nuova squadra.
<<In questi tre giorni tanta gente mi ha chiesto, “Ma non si può fare niente? Facciamo una cordata, facciamo questo, facciamo quello”. Purtroppo non si può fare niente. Cioè nel senso che i termini sono scaduti. A saperlo, prima, facevamo tante cose, anche perché non è la prima volta che faccio una cosa del genere, con il Real Cosenza siamo arrivati a disputare la Serie A2. Siamo stati 10 anni, nel Real Cosenza che, come società, aveva, ed ha, tante squadre, tante cose da fare insieme, grazie alla loro collaborazione noi ci siamo gestite in toto la squadra femminile. Abbiamo disputato campionati di A2, partivamo da Cosenza a Verona, a Udine. Avevo fatto l’A2 anche a Corigliano. Mentre ora sembra strano, che una società professionistica prenda queste decisioni. Poi ripeto, ognuno è libero con i suoi soldi di fare quello che vuole. E su questo io non dirò mai il contrario. Ognuno è libero di prendere le decisioni che vuole, come vuole, eccetera eccetera. Puoi anche non interfacciarti con me perché è giusto, il 30 giugno è scaduto il mio contratto e puoi non dirmi niente perché io non sono più una tua tesserata. Giustissimo, ma le ragazze che sono ancora tesserate e che finalmente avevano raggiunto di nuovo la serie C dopo solo un anno da quella retrocessione, arrivata in quel modo e che gli aveva lasciato l’amaro in bocca e si sono rimboccate le maniche. Gente che viene dai paesi limitrofi e viaggiava con i pullman. Tu non gli dici niente almeno una settimana prima? Questo è un comportamento inqualificabile. Questa è la cosa più amara probabilmente di tutta la vicenda>>.
Come si fa a guardare al futuro? So che Lei guarda sicuramente al futuro con ottimismo, perché è proprio la sua indole.
<<Io sono sicuramente ancora positiva, credo che il calcio femminile rappresenti il futuro e la sua strada è questa, è quello che è successo è solo una piccola battuta d’arresto. Non vuol dire che ci fermeremo. Ecco, l’ho detto anche alle ragazze di non preoccuparsi. Che io per loro ci sarò sempre e faremo qualsiasi cosa per non farle smettere di giocare a calcio, perché poi quella è la cosa più bella in assoluto, quindi sia che hai 5 anni sia che nei hai 20, tutte devono avere lo stesso diritto di poter praticare questo sport, ma penso qualsiasi altro sport si voglia fare>>.