Paola Luisa Orlando: “Agli scettici dico di guardare il calcio femminile con gli occhi di un bambino e stupirsi per lo spettacolo che vedranno”.

Eliseno Sposato

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Terza parte della nostra serie di incontri con alcuni rappresentanti del calcio femminile in avvicinamento alla gara di qualificazione a EURO 2025 che la Nazionale Italiana giocherà il prossimo 5 aprile contro l’Olanda al San Vito – Marulla. Dopo il Presidente del Comitato Regionale Calabro della LND Saverio Mirarchi (quì) e la referente nazionale AIAC Valentina De Risi (quì), oggi abbiamo incontrato Paola Luisa Orlando allenatrice della prima squadra femminile del Cosenza Calcio.

Ci racconta la reazione che hanno avuto le ragazze che allena alla notizia dell’arrivo della nazionale a Cosenza?

“Hanno avuto un’esplosione di felicità. Si stanno organizzando per incontrare quelle atlete che per loro sono dei veri e propri idoli. Sono emozionatissime ed allo stesso tempo orgogliose, di potere assistere dal vivo ad una partita così importante come sarà Italia – Paesi Bassi”.

Immagino anche quello che prova Lei che ha un lungo trascorso da calciatrice prima e allenatrice poi di vedere che la Nazionale Femminile giocherà allo stadio San Vito – Marulla”.

“Se me lo avessero detto vent’anni che il 5 aprile 2024 Italia-Olanda si sarebbero sfidate nello stadio della mia città non ci avrei mai creduto. Da bambina sognavo di potere assistere dal vivo ad una gara della Nazionale, quella che aveva tra le sue fila calciatrici del calibro Carolina Morace, Giorgia Brenzan, Rita Guarino ecc. che guardavo con ammirazione sperando un giorno di poterle emulare. Nel mio piccolo ho avuto una carriera quasi tutta calabrese e di cui vado fiera, ma l’emozione che provo nel sapere che tra pochi giorni la Nazionale giocherà nello stadio della mia città, è pari a quella delle ragazze che alleno”.

Rispetto a quando Lei giocava e sognava di vedere la Nazionale era anche molto più difficile, visto che non c’era un a grande esposizione mediatica. Oggi invece, il calcio è regolarmente trasmesso in Tv e sulle piattaforme digitali, in questo senso si è fatto un grande passo in avanti per la diffusione del calcio femminile.

“Mentre all’estero il calcio femminile è oramai sdoganato da tempo: gli stadi sono pieni, le ragazze che giocano sono davvero tante. In Italia siamo solo all’inizio e ricordo i salti mortali che facevo per potere vedere qualche partita in TV. Ricordo che bisognava aspettare i Mondiali ed in particolare ripenso con piacere a quando mi alzavo alle quattro del mattino per assistere alle gare dell’Italia impegnata nella competizione che si svolgeva negli USA. Oggi si è fatto un bel passo in avanti cosicché le bambine di oggi possono coltivare un sogno sapendo di poterlo anche tramutare in realtà. Loro oggi possono intravedere un futuro che può anche passare attraverso la pratica di questa disciplina sportiva, senza dimenticare che per farlo bisogna anche studiare tanto per ampliare le proprie conoscenze in modo da crescere, sapendo che oggi si può anche diventare delle calciatrici professionistiche”.  

Dal suo punto di vista si può anche dire che assistere ad una gara del genere e magari anche a qualche allenamento, sia fonte di crescita professionale?

“Lo sarà sicuramente. Io spero di potere assistere sia ad un allenamento della nostra Nazionale che di quella Olandese. Spero di riuscirci per carpire qualche aspetto tecnico e tattico in modo da arricchire il mio bagaglio culturale”

È ipotizzabile creare qualche sinergia tra il Cosenza calcio e le Società che militano in serie A in modo da darvi la possibilità, di confrontarsi con i colleghi che guidano quelle squadre per aumentare il proprio bagaglio di conoscenze?

“Più che fra le Società questo è un qualcosa che già avviene tra noi allenatori che ci incontriamo e ci aggiorniamo. In questo senso il lavoro che la Federazione svolge a Coverciano è un punto di riferimento per tutti noi. Io, ad esempio, studio tantissimo le tesi degli allenatori emergenti, così come quelle degli allenatori più blasonati. Sono una malata di calcio e lo osservo sotto ogni angolatura: da quello psicologico a quello tecnico fino all’aspetto comunicativo”.

A Cosenza il movimento del calcio femminile è in forte espansione grazie anche al lavoro svolto dal Cosenza calcio

“In soli sei anni siamo cresciuti tantissimo. Il Cosenza calcio ha messo in piedi tutta la filiera del settore giovanile, ha una prima squadra che lo rappresenta degnamente, oltre ad essere un punto di riferimento per tutto il settore femminile. Sono stati anni in cui abbiamo visto tantissime ragazze che hanno praticato il calcio e si sono formate sia a livello atletico che umano con i valori del Cosenza calcio. Siamo orgogliosi di questo lavoro che portiamo avanti giorno dopo giorno, con lo staff tecnico, tutti i dirigenti ed il Presidente, insieme a chi ci segue da sempre”.

Pur avendo poche squadre del Sud che militano in Serie A, il settore del calcio femminile ha a livello di vertici dirigenziali una forte componente meridionale. Segno che vivere lontano dai centri nevralgici di questo sport, non è per nulla penalizzante.

“Dove c’è genuina passione non possono esistere ostacoli. Merito anche di chi come noi cerca sempre il confronto per allargare i propri orizzonti in un’ottica di crescita costante, e di questo ne giova tutto il movimento”.

Lo scorso anno il Cosenza militava in Serie C ed ha patito un po’ la differenza fisica e tecnica con le altre Società. Oggi che milita nel campionato di Eccellenza la differenza è a vantaggio delle sue ragazze. Pensa che a breve la differenza possa essere colmata in modo da convincere la Società silana ad aumentare gli investimenti nel settore?

“Quest’anno il campionato di Eccellenza è più “allenante” nel senso che oltre alle tante squadre calabresi, ci si incontra anche con quelle lucane, ci sono più gare e questo è senz’altro un bene. Vero è che io, avendo un parco giocatrici già formato dallo scorso anno che ha già fatto esperienza in Serie C, ha dei vantaggi. Ma resta un campionato comunque difficile visto che, ad esempio, ora c’è una sosta di un mese e bisogna mantenere alta la concentrazione. In più sono molto orgogliosa che otto delle ragazze che alleno sono partite stamane per partecipare con la Rappresentativa Calabrese per partecipare al Torneo delle Regioni che si svolge in Liguria e questo è un vanto per il Cosenza calcio. Approdare nuovamente in Serie C farà parte di quel progetto di crescita che stiamo attuando”.  

Seguendo questo campionato abbiamo percepito l’entusiasmo delle piccole Società che affrontate e che non si perdono d’animo neanche davanti alle evidenti difficoltà che squadre di piccoli paesi possono avere, e pure se perdono con un grande scarto di reti, sono orgogliosi di affrontare Società blasonate come il Cosenza.

“Nelle piccole realtà è certamente difficile già trovare un numero di ragazze per formare squadre ed affrontare campionati ad undici, Noi ovunque andiamo, specialmente in Basilicata, riceviamo una grande accoglienza, soprattutto in queste Società che sono agli esordi. Proprio in virtù dell’entusiasmo che hanno non devono abbattersi per i risultati negativi, ma usarlo per fare crescere tutto il movimento del calcio femminile. Per questo bisogna incoraggiarle visto il lavoro encomiabile che portano avanti”.

Più duro scontrarsi con la mentalità del tifoso medio del calcio maschile che ancora oggi ha un approccio negativo con quello femminile e che ancora non riesce a capire quanto sia elevato il tasso tecnico. Anche perché assistere ad una partita in TV e ben diverso da quello di assistervi dal vivo dove ci si rende conto del reale valore che ha raggiunto il calcio femminile.

“A chi è scettico dico che paragonare il calcio femminile a quello maschile è sempre un errore. Esistono differenze fisiche e biologiche tra uomo e donna innegabili. Abbiamo un 40% di forza fisica in meno e di conseguenza minori capacità aerobiche però giochiamo negli stessi campi con identiche misure. Questo non vuol dire che il calcio femminile sia meno spettacolare, ma devo guardarlo con occhi diversi perché non posso paragonare Cristiana Girelli a Dusan Vlaovic o la Bonansea a Chiesa, proprio perché sono atleti strutturati in maniera totalmente differenti. Negli ultimi sei anni il calcio femminile è migliorato tantissimo: si gioca meglio la palla, c’è tanto agonismo, le calciatrici di Serie A sono diventate professioniste con tutti i vantaggi che questo comporta, come l’allenarsi quotidianamente in palestra e sul campo, seguite da staff tecnici e medici adeguati e con programmi specifici e questo rappresenta un miglioramento costante. Il consiglio che dò agli scettici è quello di seguire la partita con gli occhi di un bambino e stupirsi per lo spettacolo che le ragazze offriranno”.

Uno dei commenti più sgradevoli che si sente ripetere è quello di fare le porte più piccole per le donne. Forse il ruolo del portiere è quello in cui la differenza uomo donna di cui si parlava, è più accentuata? E come si allena una ragazza che ha scelto il ruolo di portiere?

“Qui dovrebbe risponderti la mia collaboratrice Elvira Reda che allena i portieri e le sta facendo crescere in maniera fantastica. Pur essendo simile l’allenamento del portiere femminile non è lo stesso, perché bisogna strutturarli in base alle caratteristiche fisiche delle ragazze. Oggi con la tecnica, con i passi, con la posizione, un portiere femminile riesce anche a parare un tiro indirizzato all’incrocio dei pali. Poi oggi il portiere è diventato un giocatore di movimento. Per questo ruolo ci sono allenamenti specifici come i movimenti, gli arretramenti o la presa di posizione. Se un  uomo con la forza può staccarsi da terra per prendere il pallone spedito all’incrocio dei pali, la donna può fare la stessa parata utilizzando qualche passo in più per arretrare e prendere la posizione giusta per staccarsi da terra e parare”.

Per le ragazze che giocano in avanti cosa conta di più: essere strutturate fisicamente o avere qualità tecniche e disciplina tattica?

“Conta un po’ tutto anche se oggi l’evoluzione del calcio femminile sta portando verso un calcio più fisico e quindi si cerca di migliorare le ragazze sempre di più dal punto di vista atletico. Ovvio che poi conta molto la tecnica ma anche la fantasia che ogni ragazza deve mettere in campo quando si gioca”.

Secondo Lei quanto tempo ci vorrà per vedere una ragazza del Cosenza approdare al professionismo?

“Dipende sempre dall’impegno che ognuno ci mette. Se ci si allena con costanza, si fa una vita sana da atleta: dall’alimentazione al lavoro sul campo o in palestra, c’è la possibilità di vedere presto qualche calciatrice calabrese approdare in Serie A.  Il mio sogno è quello di portarci il Cosenza in serie A, non mi pongo limiti e non perdo mai la speranza”.

Luisa Orlando che consiglio darebbe ai genitori che raccolgono il desiderio delle loro bambine che vogliono giocare al calcio?

“Consiglio di lasciarle libere di esprimere il loro desiderio sullo sport che voglio praticare. Credo che fino ai dodici anni i bambini dovrebbero praticare tutti gli sport immaginabili per acquisire tutte le capacità motorie che serviranno in futuro. Se una bambina già a cinque-sei anni vuole giocare a calcio lasciatela giocare. Il calcio è un gioco completo, non si tirano solo due calci dietro ad un pallone, ma si cresce da ogni punto di vista. È un gioco di squadra dove si passa dall’io al noi ci si allena in maniera ordinativo ed atletico in modo completo. Poi c’è la componente del gioco che è la più importante, per cui lasciate le bambine libere di esprimersi”.

Per una ragazza praticare questo sport comporta anche sacrifici e rinunce. Studi, affetti, relazioni. Sono tante quelle che Lei ha dovuto affrontare?

“Studiare direi di no, visto che io ho comunque conseguito due Lauree. Anzi studiare deve venire sempre avanti ad ogni cosa, perché studiare e giocare a calcio lo si può fare in tutta tranquillità. Per quella che è la mia esperienza ventennale di calciatrice e quella poi di allenatrice, direi che la cosa che ho trascurati di più è stata la famiglia. Tanti fine settimana fuori casa, le feste familiari saltate, le vacanze estive sempre ridotte al minimo indispensabile. Anche rinunciare ad alcune amicizie, seppure poi se ne coltivano altre legate al mondo del calcio”.

Un po’ come noi giornalisti.

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